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19 Maggio 2020IL CANZONIERE SPIRITUALE DELLA VENERABILE MARIA ALBERGHETTI
Giovedì 26 marzo 2020 Andrea Maurutto si è addottorato in Studi linguistici e letterari (curriculum di Italianistica) presso l’Università degli Studi di Udine, discutendo in via telematica una tesi sulla nostra fondatrice, la Venerabile Maria Alberghetti (Venezia, 1578 – Padova, 1664). In particolare il lavoro dottorale, che è stato supervisionato dal prof. Renzo Rabboni, docente di Letteratura italiana all’ateneo udinese, ha fornito l’edizione critica e commentata delle rime spirituali alberghettiane, sulla base di un manoscritto autografo, conservato nel nostro archivio storico, che trasmette l’ultima volontà dell’autrice. Più esattamente, il testimone, siglato M7, contiene 274 componimenti poetici ed è stato probabilmente allestito in previsione di una stampa, mai avvenuta mentre l’autrice era in vita.
La vasta produzione in versi dell’Alberghetti, nei quali i temi trattati sono principalmente l’umanità di Cristo, la sua imitazione, l’unione mistica e l’annichilazione, è conosciuta unicamente (a parte poche rime sparse edite in raccolte settecentesche e contemporanee) sulla base dell’edizione postuma, curata dalle Consorelle, Giardino di poesie spirituali (Padova, Frambotto, 1674): un volume poderoso, contenente ben 729 componimenti poetici, molti dei quali sono però spuri, come ha dimostrato l’esame della tradizione manoscritta.
Grazie al cospicuo materiale autografo, lasciato dall’Alberghetti, e all’ausilio offerto dai manoscritti apografi e dalla stampe in vita, Maurutto ha potuto ricostruire la vicenda redazionale del macrotesto, oltre alla genesi e allo sviluppo di buona parte dei microtesti. L’Alberghetti, infatti, intervenne a varie riprese a modificare consistenza, ordine e dettato delle sue rime, attraverso un processo ininterrotto di rielaborazione, testimoniato da almeno tredici codici autografi, dislocati in un periodo che occupa buona parte dell’esistenza della devota veneziana.
La scrittura della Venerabile, che ha lasciato anche una cospicua produzione in prosa (autobiografie, sermoni, trattati spirituali, necrologi delle Consorelle), è in generale attraversata da una genuina ispirazione religiosa, sensibile ai temi della Riforma cattolica e influenzata, in particolare, dai temi offerti da santa Teresa d’Avila e san Giovanni della Croce. Sebbene talvolta poco attenta alle strutture metriche e strofiche – come già osservò il Mazzucchelli (forse un po’ troppo severamente) – l’Alberghetti privilegia un’assoluta concentrazione sulla densità del senso e meno sull’aspetto stilistico, in sintonia, peraltro, con le scrittrici mistiche del Cinquecento e del Seicento, che non potevano e non volevano limitarsi al dato strettamente letterario.
L’Alberghetti può, dunque, essere definita una poetessa del quotidiano, lontana dal «dolorismo» e dai toni cupamente ascetici, tipici, ad esempio, della contemporanea e ben più nota suor Francesca Farnese (1593-1651): la Venerabile scelse piuttosto di toccare temi che fossero concretamente utili all’edificazione morale delle Consorelle, richiamandosi alla lieta religiosità di san Filippo Neri e ricorrendo a metafore semplici, ma efficaci, e ad un linguaggio discorsivo, ricco di sfumature dialettali e popolari.
Speriamo che la lezione restaurata possa ridare visibilità ad una donna che spicca per merito e qualità nel panorama della letteratura religiosa femminile tra Cinque e Seicento e smentire il pregiudizio ancora persistente sulle monache scrittrici.
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